Durante
un progetto di lavoro, per quanto siamo bravi, giunge il momento di
dover per forza delegare parte del lavoro a qualcun altro.
E
qui comincia il mal di pancia!
Perché?
Perché
delegare significa perdere potere!
Mi
spiego meglio. In un lavoro qualunque ci sono vari compiti che vanno
svolti con la massima perizia. Prendiamo l'organizzazione di un
evento.
Bisogna
progettare il titolo, il contenuto, gli invitati, trovare la
location, aggiornare il sito con le grafiche giuste, studiare la
campagna pubblicitaria, cose fondamentali da cui dipende il successo
di una iniziativa. Vogliamo che tutto sia perfetto e quindi ci
sentiamo in dovere di controllare spasmodicamente ogni cosa, fin nei
minimi dettagli. Così cominciano i mal di testa nel tentativo
assurdo di mantenere il “controllo totale”, cosa impossibile,
semplicemente perché siamo esseri umani fallibili.
Quella
che ci sembrava una necessità presto ci si rivolge contro e ci
lascia senza forze.
È
un po' come la sindrome di “Steve Jobs”, che voleva controllare
tutto dei propri prodotti fino all'esaurimento, fino a dimenticare di
avere una casa e una famiglia, perché era sempre chiuso nella sua
ossessione di perfezione.
Alla
fine che vita è?
Per
uscire da quest'incubo dobbiamo imparare a delegare quanto più
possibile, facendo in modo che il progetto possa navigare anche da
solo.
La
ragione lo sa, ma qualcosa dentro di noi continua ad opporre
resistenza.
Cos'è
che si oppone?
La
nostra perdita di potere, così come dicevamo all'inizio.
Delegare
significa sapersi fidare delle persone che NOI, non un altro, abbiamo
scelto per quel compito. Ma alla fine proprio non riusciamo a
fidarci!
Come
fare?
Prima
di tutto possiamo renderci conto che nel lavoro intervengono elementi
psicologici che superano la logica. Se il manager è insicuro o con
poca autostima potrebbe considerare ogni consiglio esterno come una
intrusione. Nel saper delegare si riflette l'immagine che noi abbiamo
di noi stessi e del mondo che ci circonda, non dimentichiamolo mai.
C'è
tutta la nostra personalità che si sente minacciata.
Saper
delegare significa che qualcun altro potrà prendere delle decisioni
importanti, in modo diverso da come le prenderemmo noi.
È
qui il punto. Se la persona che ci sostituisce è competente possiamo
capire che la soluzione sarà trovata comunque, anche se le idee, o i
mezzi messi in campo, saranno differenti.
La
verità ultima non si trova nel nostro cervello. Le giuste soluzioni
possono venire anche da chi ci sta in torno, senza che questo metta
in discussione la nostra competenza o autorità.
Ecco
perché chi si sente minacciato nella propria autostima spesso non
può delegare nulla, perché perderebbe la propria immagine
autoritaria ed efficiente.
Lavorando
sull'autostima invece è possibile sviluppare una nuova coscienza di
se stessi, modificando la visione del mondo, non più visto come
qualcosa di minaccioso, ma come un serbatoio di possibilità.
E
se i nostri collaboratori dimostreranno di avere idee brillanti
potremo dire a noi stessi:
«È
bravissimo, l'ho scoperto io!»
Ricapitolando:
dietro
il semplice atto del “delegare” si nascondono vari elementi che
creano resistenza:
- la poca autostima
- la propria visione pessimistica del mondo
- limitata apertura mentale
- il nostro bisogno di controllo
ragionando
su questi temi potremo superare col tempo la nostra avversione per il
delegare e potremo cominciare a goderci un po' la vita, che non è
una cattiva cosa.
Amedeo
Formisano
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