Non
basta essere motivati, bisogna essere organizzati.
L'inizio
è perentorio ma importante. Infatti non basta dirci che siamo i
migliori, i più bravi, che siamo fatti per quel dato lavoro, ma ci
vogliono le competenze tecniche per poter affrontare una sfida
importante.
Più
è difficile il compito che ci siamo prefissi e maggior preparazione
è necessaria per raggiungere l'obiettivo.
Ma
non è facile e se accorsero anche alla Stanford University negli
anni sessanta quando, analizzando numerose imprese americane,
scoprirono che una buona parte (circa il 35%) non raggiungeva i
propri obiettivi di business.
Insomma,
progettavano una cosa e ne realizzavano un'altra.
È
un fenomeno conosciuto nel mondo del business, così diffuso che Eric
Ries nel suo bel libro sulle Startup ha inglobato il problema
nella soluzione, capendo che un certo periodo di confusione
all'inizio non solo è doveroso ma fa parte della crescita del
progetto.
Senza
errore non c'è evoluzione e nella teoria di Ries sbagliare è
indispensabile.
Ma
comunque possiamo minimizzare gli errori partendo con un semplice
metodo studiato dalla Stanford University proprio per far partire
con il piede giusto un'impresa.
È
un sistema che si può applicare anche alle scelte di vita personali
e si chiama “analisi SWOT”.
Premetto
che non ha nulla a vedere con le forze speciali SWAT (Special
Weapons And Tactics) in uso alle forze di polizia di tutto il mondo.
Piuttosto
è un semplice metodo che induce alla riflessione e che si basa
sull'analisi di quattro aspetti importanti:
- i punti di forza
- i punti deboli
- le possibilità/opportunità
- i pericoli
Infatti non esiste nessuna
impresa umana che non contenga queste quattro realtà.
Individuarle sembra semplice ma
mentire a se stessi è facile e deleterio.
I
punti di forza
non consistono nel dirsi: io sono in gamba e farò la differenza,
perché ci credo!
I
punti di forza devono essere sempre reali e oggettivi. Dobbiamo
stilare una lista delle nostre reali competenze, oppure delle frecce
al nostro arco, che oggettivamente possono testimoniare in modo
indiscutibile che i punti di forza sono reali e definiti.
Ad
esempio, se possedete attestati di partecipazione a corsi
specialistici, master e lauree assicuratevi di possedere anche le
conoscenze relative, non solo il pezzo di carta, che in sé vale
ormai molto poco.
Bisogna
“saper fare”, non solo saper “esibire” una conoscenza.
La
stessa cosa vale per i
punti deboli,
in cui ,con somma onestà, devono essere elencate tutte, ma proprio
tutte le debolezze personali, relativamente ad un progetto, o
imprenditoriali.
La
parte relativa alle possibilità
andrebbe rinominata come “potenzialità”,
cioè bisogna saper capire quali sviluppi potrebbe portare una certa
idea, senza fermarsi al guadagno immediato ma pensando anche in
grande, mi raccomando senza esagerare, cercando di capire quali
potrebbero essere gli scenari futuri potenziali. Una parte comunque
dovrebbe sempre tenere presente la possibilità di rientro a breve o
a medio termine degli investimenti, lasciando anche le porte aperte
alle potenzialità ma senza voli di fantasia.
Qui sta il difficile, perché
alcuni partono per la tangente e immaginano grandezze assolute senza
neanche domandarsi realmente come fare per raggiungerle. Altri invece
tendono ad accontentarsi e a sottostimare l'attività, cercando
immediatamente un guadagno immediato e sedendosi su un piccolo
business, chiudendo letteralmente il cervello su di una visione
“rachitica” delle proprie potenzialità.
Ecco
perché la sezione opportunità dovrebbe sempre essere divisa in due:
la parte alta e ambiziosa che cerca di capire il futuro nei prossimi
dieci anni e la parte bassa che cerca di capire i ritorni monetari a
medio termine.
Ricordate comunque che a volare
troppo bassi ci si brucia il sederino.
La persona vincente sogna in
grande ma studia soprattutto i passaggi per realizzare il sogno e si
applica tecnicamente.
Il fallito sogna in grande e
basta.
Ricordiamo
anche che non si nasce né falliti né vincenti.
Sta a noi fare la scelta giusta
e possiamo sempre migliorare nella vita.
Esempio
pratico: lo studente di cinematografia che studia di diventare
regista e che si applica attivamente a capire come funziona
tecnicamente la ripresa, il montaggio, che sa maneggiare una
videocamera digitale, che ha reali fondamenti di fotografia,
storyboard, scrittura cinematografica e anche effetti speciali, che
si è visto tutto ciò che poteva vedere e ha letto tutti i libri più
importanti nel campo, passando dalle tecniche del cinema muto all'era
digitale 3d. Tale studente potrà definirsi veramente pronto per il
ruolo di regista. I grandi registi non parlano di cinema, lo fanno
direttamente fin da piccoli, girando con qualunque mezzo a
disposizione e sperimentando tecniche personali fino a trovare la
propria dimensione. Così hanno fatto George Lucas, Tim Burton e
Stanley Kubrick tanti registi molto diversi ma che sperimentavano
passando all'azione.
I
pericoli
sono presenti ovunque, ma come dice il sottotitolo di un recente film
“il
pericolo è reale, la paura è una scelta” (After
Earth, 2013).
I
pericoli vanno esplicitati con onestà, scrivendo tutte le nostre
paure più recondite sul progetto e discutendole insieme a qualche
collaboratore o amico, considerando tutti gli aspetti più
sgradevoli.
Non
è facile, perché possono essere all'opera delle credenze personali
di base fortemente radicate.
Tali
credenze possono essere personali
(tento
questa carta ma sono un fallito, non ho abbastanza soldi, ci vuole
solo fortuna), oppure
specifiche legate al progetto
(non
siamo i primi con tale prodotto e la concorrenza è spietata).
Solo
dopo un'analisi approfondita di ogni punto, cercando una soluzione
reale, allora questi pericoli saranno veramente stati affrontati e
smontati.
Se
le credenze personali sono fortemente depotenzianti allora
bisognerebbe lavorare un poco sulla propria Autostima,
prima di imbarcarci in un'impresa complessa.
Senza
una buona Autostima
non si va da nessuna parte, perché si rischia di sottostimare se
stessi e sovrastimare gli altri, creando veramente situazioni
pericolose.
Mi
ricordo che una volta parlando con una persona sui pericoli di una
certa impresa questi mi rispose “non
ci voglio neanche pensare!”.
Questa è una frase tipica di persona che ha poca Autostima
e non sa neanche di avere tale problema.
Noi
diventiamo preda dei pericoli quando ci rifiutiamo di affrontarli.
É
così che nasce la paura.
L'analisi
SWOT non fornisce soluzioni, non pensa per voi. Cerca solo di
stimolare una riflessione efficace sulle componenti di ogni scelta
umana.
Il
suo uso può fornire quegli strumenti mentali che possono cambiare la
partita, dandovi finalmente quel vantaggio che avete sempre
desiderato.
Con la preparazione giusta la
paura svanisce ed arrivano i risultati.
Amedeo Formisano
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