Nulla
è più pericoloso della parola “devo”, quattro misere
lettere che ci avvelenano la vita.
Quando
la vediamo dovremmo incrociare le dita a croce, cospargendoci di
aglio, con paletti di frassino a portata di mano, come se dovessimo
combattere un vampiro!
Ma,
scherzi a parte, quante volte pensiamo ai nostri obiettivi e spunta
in mezzo il verbo “dovere”?
Troppe,
moltissime. Quasi sempre.
“Devo
assolutamente superare quel colloquio”, ci diciamo affranti e
sviliti, già colmi di aspettative deformate, di illusioni e carichi
emotivi errati.
“Non
devo sbagliare, non devo
assolutamente farmi prendere dal panico, tutto deve
essere perfetto!” questo è quello che più o meno pensa ognuno
di noi davanti ad un colloquio di lavoro, prima di un incontro
sentimentale, prima di una gara sportiva, prima di un qualcosa che
per noi assume una importanza “vitale”.
Sembra
che l'intero nostro orizzonte di vita si appiattisca su di un
argomento solo, da cui sembrerebbe dipendere la nostra stessa
integrità morale o fisica.
Ma
ci fermiamo mai a chiederci perché dovrebbe per forza andare
tutto bene?
Alt,
non sto cercando di fare disfattismo, piuttosto di far comprendere
che gli “assolutismi” della nostra mente sono infondati.
Se
un colloquio deve per forza andare bene è chiaro che ci
stiamo chiudendo in un concetto assoluto, quello della perfezione a
tutti i costi.
L'analisi
transazionale ci svela il meccanismo dei se:
io
sono OK se sono bello
io
sono OK se sono ricco
io
sono OK se sono forte
io
sono OK se sono perfetto.
Già
in passato abbiamo affrontato queste frasi ma ora le rileggiamo
meglio alla luce delle “doverizzazioni”, cioè la pretesa assurda
di dover realizzare a tutti i costi un qualcosa, altrimenti la nostra
vita sembra non valere più nulla.
È
come centrare un bersaglio piccolo piccolo a cento metri di distanza
con l'arco, il fallimento diventa quasi inevitabile.
Ogni
volta che noi mentalmente cadiamo in una doverizzazione stiamo
lanciando una freccia verso un bersaglio che non potrà mai esser
colpito.
“Vorrei
che la vita fosse più semplice”pensano alcuni.
Apparentemente
questa frase non contiene la parolina nefasta “devo” o il verbo
“dovere”. Eppure se l'andiamo ad analizzare meglio essa è
nascosta nel significato psicologico che reca in sé.
Domandiamoci
perché la vita dovrebbe essere più semplice.
Dietro
questa banale frase si nascondono pensieri quali:
vorrei
che fosse più semplice perché non tollero la sofferenza, le
difficoltà del lavoro, non sopporto la maleducazione degli
altri, non tollero questa economia così debole e distruttiva,
non accetto la superficialità altrui, non accetto....
In realtà si nascondono nel
pensiero tante frasi come non tollero, non accetto, non
sopporto, che sono appunto doverizzazioni assolute perché è
come se dicessimo:
io
non accetto questo, perché non devo accettare....
io
non tollero questo perché non devo assolutamente tollerare...
La vita è semplicemente la
vita, non è cattiva, non è buona. È la nostra comprensione del
mondo che può dare significato a questo processo in cui siamo
protagonisti e non vittime.
Se andiamo a fondo dei nostri
stati emotivi che ci arrecano sofferenza allora scopriremo che spesso
si basano su doveri che ci siamo auto-imposti.
Gli altri mi devono accettare
per come sono, altrimenti sarebbe terribile se non lo facessero,
perché io non lo potrei sopportare.
Ma
chi l'ha detto? Perché? Perché non lo potresti sopportare?
Queste
semplici “frasi killer” che ci diciamo continuamente avvelenano
tutta la comprensione di noi stessi.
Dobbiamo
imparare, nel nostro dialogo interiore, a combattere queste frasi con
un ragionamento del tipo:
e
dove sta scritto che gli altri mi devono per forza accettare?
Dove
sta scritto che, se non mi accettano, io ne sarò annientato?
Perché
la mia vita non dovrebbe andare avanti anche quando realizzo qualcosa
di imperfetto? Certo che se le cose andassero tutte per il verso
giusto allora sarei più contento, ma questo sarà mai
ragionevolmente possibile?
Potrò
avere mai tutto ciò che desidero? È chiaro che sono aspettative
assurde, irrazionali.
Eppure
le applichiamo quasi tutti i giorni senza rendercene conto.
Vorrei
che il mio amico mi capisse veramente....cioè:
il mio amico deve
assolutamente capirmi, perché altrimenti non posso sopportare il suo
comportamento.
Ma perché dovrebbe farlo? Ha
compiuto studi specifici per capire l'animo umano? E anche se fosse
laureato in filosofia o psicologia o altro, non è detto che possieda
l'empatia necessaria per capire gli altri.
Magari ha i suoi problemi, non
siamo al centro del mondo di nessuno, tranne che del nostro.
Allora perché dovrebbe
assolutamente capirci?
Il suggerimento che vi propongo
è molto semplice e mutuato dagli studi di Albert
Ellis :
studiate
attentamente il vostro dialogo interiore, quando vi sentite nervosi o
stressati per qualcosa.
Cercate di capire quale frase
rappresenta meglio il vostro pensiero del momento riguardo la causa
del vostro stress.
Esempio:
prima di una gara agonistica
siete tesi (cosa normale, anzi guai se non lo foste) e cominciate a
pensare a foschi pensieri come “devo assolutamente vincere, non
posso sbagliare, devo dimostrare ciò che valgo”.
È meglio se tali frasi le
mettete per iscritto.
Poi
domandatevi perché, cercando di smontare razionalmente le
motivazioni dietro le domande.
Perché dovrei assolutamente
vincere? Certo mi piacerebbe moltissimo vincere e mi impegnerò
moltissimo per farlo, ma anche gli altri sono preparati, non solo
l'unico a gareggiare.
Perché
dovrei dimostrare ciò che valgo? Ma soprattutto a chi? Ai miei
genitori? Al mio partner? Al mondo intero? E se non lo facessi che
succederebbe?
I miei genitori mi amerebbero
comunque, anche la mia fidanzata mi amerebbe comunque, altrimenti il
suo amore sarebbe strano o interessato. Cosa devo dimostrare al
mondo intero?
Io
sono Ok solo se faccio questa cosa?
È
un'esame come tanti oppure ne va della mia vita?
Sicuramente la mia vita andrebbe
avanti lo stesso, anche davanti una sconfitta e potrei anche imparare
qualcosa di utile dai miei sbagli, da utilizzare in una nuova gara,
in un nuovo esame.
Le frasi corrette che uno
sportivo dovrebbe pronunciare sono queste:
io
posso vincere, perché è nelle
mie potenzialità, ma non devo per forza.
Vincere
è una mia decisione, (non
un obbligo).
Sono
espresse tutte in positivo, permettendo all'inconscio
di analizzarle e recepirle meglio, elaborando l'immagine della
vittoria come una possibilità concreta a cui naturalmente si
predispone.
Così si vince per davvero!
Mi sembra che il concetto
comincia a chiarirsi.
Tutto
dipende da cose dite a voi stessi.
È questo che crea
l'atteggiamento mentale. Il giusto dialogo interiore.
Frasi come “non devo
sbagliare” sono lesive perché prima di tutto l'inconscio non
recepisce messaggi razionali negativi, come le negazioni (non.. )
e poi le doverizzazioni come “devo” ci vincolano
all'impossibile, creando convinzioni irrazionali.
Se avvertite un livello di ansia
notevole, che non riuscite a gestire da voi stessi con la
razionalità, ricordatevi che il Coaching in tal caso non basta e che
è sempre meglio rivolgersi ad uno psicologo abilitato che in breve
tempo potrà offrirvi tutti gli strumenti utili per risolvere il
problema.
Comunque le “doverizzazioni”
avvengono i tutti e non sono segno di squilibrio ma di umanità. Mr
Spock, con la sua perfezione, è simpatico ma finto, ricordatevelo
bene,
Sono solo credenze sbagliate che
vanno modificate con un poco di cervello in più. Solo questo.
Ma noi possiamo cambiare
atteggiamento.
Possiamo,
non “dobbiamo”!
Amedeo Formisano
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