![]() |
Georges Simenon |
Quando
scegliamo un lavoro dobbiamo pensare che il vero contenuto non è nel
guadagno che arreca ma nelle sue potenzialità e nella “ritualità”
che comporta.
Mi
spiego.
Spesso
come metro di giudizio fondiamo le nostre valutazioni solo sulle
possibilità di guadagno, su cui fondare una stabilità economica che
possa aprire le porte alla creazione di una famiglia. Cose legittime
e fondamentali per ogni essere umano.
Eppure
non ci rendiamo conto che le componenti che veramente pesano poi nel
mantenimento ed evoluzione di un lavoro non sono legate strettamente
al guadagno in sé.
È
bene puntualizzare che, in questa crisi che stiamo attraversando,
ogni lavoro, per quanto umile, è particolarmente sacro e gradito, ma
questo è sottinteso nel discorso e lo diamo per scontato.
Ogni
lavoro dovrebbe essere valutato esclusivamente per due componenti
essenziali:
- le potenzialità che comporta
- la ritualità che possiede.
Vediamo
questi due punti nel dettaglio.
Le
potenzialità sono le promesse che un dato lavoro porta in sé.
È
una componente fondamentale che ogni persona dovrebbe assolutamente
ricercare. Uno stipendio è una cosa sacra (sopratutto oggi) ma i
giovani dovrebbero sempre chiedersi:
cosa
mi permetterà di fare questo lavoro in un secondo momento? Quali
capacità va a sviluppare nella mia mente? Quali prospettive
lavorative potrei affrontare grazie alle cose che imparerò in questo
lavoro?
Queste
sono domande che rappresentano la base di una carriera solida, in cui
ogni lavoro, anche se temporaneo, rientra in una filosofia evolutiva
che può portare il giovane a diventare un grande professionista.
Si
tratta di sviluppare una visuale in prospettiva, cioè la
capacità di guardare lontano, al di là della contingenza.
Questo
guardare lontano porta dei benefici evidenti: ogni sacrificio che si
va ad affrontare non è più così gravoso perché viene inquadrato
in una scena più ampia, in un futuro in cui ci siano più
possibilità materiali di creare occasioni di lavoro, complesse e
remunerative.
È
l'ottica dell'abbondanza che nasce dal cervello per espandersi in
ogni ambito di vita, anche lavorativo.
Ecco
perché è fondamentale sviluppare le proprie doti di apprendimento,
imparare ad amare la lettura e rimanere sempre aggiornati sulle
tendenze di mercato e sulla vita che ci circonda, imparare ad
osservare come gli altri si muovono intorno a noi.
Per
esempio, se una persona è particolarmente brava ad approcciare a
freddo i clienti allora dovremmo cominciare a studiarla, ad ammirarne
la tecnica, cercando di carpire i segreti di questa professionalità,
anche se il lavoratore non si occupa direttamente di rapporti umani,
di vendita o di contatti diretti con il cliente. Ma tali capacità se
incorporate e studiate a fondo potrebbero portare a miglioramenti
lavorativi straordinari.
Vi
faccio un esempio ancora più pratico.
Una
mia amica fa la montatrice video.
È
bravissima e in un paio di anni si è fatta apprezzare dal proprio
capo come una persona seria e affidabile.
Ora
il suo capo ha deciso di metterla a contatto con i clienti in veste
di commerciale. Il suo compito dovrà essere quello di approcciare il
cliente per spiegare in cosa consiste il lavoro, portandolo verso le
soluzioni offerte dalla ditta.
La
mia amica, anche se conosce tutte le fasi, perché ormai è la figura
senior, è terrorizzata dall'idea di interfacciarsi con il cliente.
Il
grafico, in generale, è una persona che preferisce il Pc, i
software, alle persone in carne ed ossa. Non vale per tutti, ma per
molti è così.
Diciamo,
generalizzando molto, che le relazioni umane li spaventano.
Quando
mi spiegò le sue paure le feci notare che la notizia di questo
passaggio alle funzioni commerciali era ottima.
Il
commerciale è una figura molto richiesta praticamente ovunque.
Non
c'è attività che non debba vendere servizi o prodotti e quindi una
persona con notevoli capacità comunicative, oltre alle competenze
tecniche, verrà sempre vista con particolare attenzione dal mondo
del lavoro.
Sono
le potenzialità che devono assorbire la nostra attenzione, anche se
questo ci costa un poco di fatica in più e ci strappa dalla comoda
routine di un lavoro già collaudato ma stagnante.
Adesso
che sta interiorizzando il nuovo incarico ha capito che potrebbero
schiudersi altri universi lavorativi e finalmente si sente più
sicura, meno agitata, perché deve fare altro che applicare
conoscenze lavorative che già aveva maturato con i clienti quando il
capo non c'era e la ditta dipendeva esclusivamente da lei.
Non
dobbiamo cronicizzarci per forza in un lavoro solo perché abbiamo
sempre fatto una cosa sola nella vita.
La
coerenza lavorativa è una cosa, l'ottusità un'altra.
Dobbiamo
aprire la nostra visuale anche ad esperienze differenti, che
rappresentano opportunità nuove e sfidanti.
Se
la mia amica avesse pensato in termini comuni allora si sarebbe
demotivata, avrebbe “subito” la promozione come un'imposizione
ingiusta e avrebbe fallito immancabilmente.
Invece
adesso sta accettando la cosa per quello che è:
una
sfida interessante che le permetterà di apprendere cose nuove, per
migliorare in futuro.
Gli
eventi non ci accadono solo per scombussolarci ma anche per farci
evolvere, per condurci via da una situazione stagnante.
Ecco
perché noi siamo sempre protagonisti del film che viviamo e non solo
meri spettatori!
La
vita è un processo in cui possiamo sempre intervenire!
...
Ogni
lavoro possiede una propria ritualità.
Pensiamo
proprio al mestiere di montatore. Significa passare fisicamente
giornate, e nottate, vicino un computer (almeno oggi, mentre una
volta esisteva la moviola)
per montare un film o quello che sia. È un lavoro fisicamente molto
statico, che risulta inadatto a coloro che amano la natura e il
movimento.
È
una condizione da considerare prima di cimentarsi con un lavoro del
genere.
Anche
il mestiere di architetto ormai è simile.
Si
passa sempre più tempo vicino al computer, per disegnare e studiare
il progetto, che stare sul cantiere. Ci sono architetti di vecchia
scuola che non hanno mai digerito il passaggio al PC, restando su
vecchie posizioni, in cui un progetto si disegnava interamente a
mano. Oggi una cosa simile è impensabile e l'architetto deve essere
un grafico provetto, deve saper rappresentare le proprie idee al
cliente altrimenti non c'è comunicazione.
Come
potrà vendere un progetto se non saprà rappresentarlo e mostrarlo
in modo esauriente?
…
Adesso
andremo ad osservare insieme la ritualità di un grande scrittore
come George
Simenon, l'autore del commissario Maigret,
per capire come creava, costruiva i propri romanzi, proprio con la
sapienza di un artigiano antico piuttosto che con l'aura
dell'intellettuale.
Il
suo metodo di lavoro era straordinario, affascinante, perché
restituiva il vero senso della scrittura: un'attività solitaria che
si può svolgere come un sapiente intagliatore che cesella le sue
opere con certosina maestria, nel silenzio del suo studiolo, invece
che con lo scalpello, con la matita come strumento di cesello.
Prima
di tutto si isolava dagli altri chiudendosi nel suo studio, un
ambiente a dimensione d'uomo, piccolo e confortevole.
Poi
cominciava a scrivere su di una grande busta gialla, come aveva fatto
per il suo primo romanzo, descrivendo i personaggi nei più minuti
dettagli, la loro vita, gli studi, anche le parentele possibili.
Poi,
quando i personaggi erano cresciuti nella sua mente diventando vivi e
realistici, li buttava nella mischia di una storia che li conducesse
agli estremi.
La
prima stesura del romando avveniva a mano, scrivendo il tutto in una
grafia molto piccola, fitta fitta, utilizzando un cestello pieno di
matite appuntite. Appena portava a termine un capitolo rifaceva la
punta a tutte le matite, con calma.
Questa
operazione che può sembrare ovvia invece è importantissima dal
punto di vista psicologico perché ricorda che la scrittura è un
fatto fisico, che ha l'odore della grafite e la sostanza del legno
della matita, possiede un profumo preciso.
Durante
la cerimonia delle matite (perché di vero cerimoniale si tratta) la
mente si ritemprava, scendeva a livelli eccezionali all'interno
dell'inconscio, in quel posto dove solitamente la parte cosciente non
riesce a scrutare, la zona creativa, una zona accessibile solo quando
la parte cosciente è distratta da un fare fisico, da un'operazione
manuale.
In
quella dimensione quasi estatica, di forte concentrazione, non erano
le matite ad essere affilate ma la mente stessa. La struttura del
nuovo capitolo cresceva in maniera automatica e spontanea, come
quando il maestro zen pone tutti gli strumenti da pittura difronte a
se, con un cerimoniale strutturato proprio per spianare la strada
alla mente e alla sua creazione.
Poi
passava alla macchina da scrivere, anch'essa vissuta come esperienza
fisica, del ticchettio, della resistenza dei tasti sotto i
polpastrelli.
Simenon
viveva la scrittura non come fatto intellettualistico ma come
esperienza fisica e manuale, come un falegname che intaglia il
legno o un meccanico che tornisce un pezzo di metallo.
In
questo era nascosto il segreto di una scrittura fluente e geniale:
l'aver reso quello che per altri scrittori è un compitino da 20
capitoli (da 25 pagine l'uno) in un'esperienza umana piacevole e
gratificante in cui immergersi, dove il tempo scompariva e la mente
si allargava verso nuove idee.
Sarebbe
proprio bello se ognuno di noi potesse trovare una simile possibilità
nel lavoro di tutti i giorni, pensato come luogo fisico più che
mentale, dove vivere bene con se stessi e con gli altri.
Non
tutti possono essere Simenon, ma questa storia spero che possa
servire a chi si accosta alla scrittura in generale, anche al lettore
accanito, per trovare una piccola oasi mentale nel mare di banalità
che la vita comune sembra riversarci addosso tutti i giorni.
Immaginate
di studiare un testo nella stessa maniera come Simenon scriveva:
circondandovi di cose gradite come una bella penna, non una volgare
usa e getta, ma uno strumento di valore da poter utilizzare per i
propri appunti, magari una penna stilografica.
Invece
di un banale mozzicone di matita potreste procurarvi un set di belle
matite nuove, da appuntire con un temperamatite dal design
futuristico.
Invece
di scrivere su di un comune pezzo di carta potreste decidere di
adoperare un blocco per appunti magari di maggior qualità, con una
rilegatura interessante.
Nei
negozi di belle arti e per ufficio potrete trovare tutte queste belle
cose, senza spese assurde.
Sono
piccoli passi che possono migliorare il nostro rapporto con la
scrivania e con le incombenze quotidiane.
Se
riusciamo a riportare l'attenzione sui piccoli gesti, magari
impreziosendoli, avremo trovato un modo straordinario di rivalutare
il quotidiano.
Riepilogo:
Pensate
sempre che un lavoro deve avere possibilità di sviluppo
(potenzialità) e ritualità.
Ricordate
comunque che la vita è banale se voi la rendete banale.
La
vita è densa di significato se voi le date significato, anche nei
piccoli gesti quotidiani!
Qui
troverete il video dell'intervista a Simenon:
Amedeo
Formisano
Post
correlati:
Nessun commento :
Posta un commento