Vi
piacerebbe essere un numero uno del Team, uno di quelli pagati
meglio, quelli con una parola determinate in ogni riunione?
C'è
solo un modo per raggiungere quest'obiettivo:
imparare
ad essere autonomi nel vostro lavoro.
Per
autonomia intendo la vostra capacità di scovare problemi e trovare
soluzioni da soli, grazie alle vostre competenze, alla vostra
capacità di apprendimento e confronto con le situazioni difficili.
Il
professionista produttivo è colui che
scova
i problemi e inventa le soluzioni!
Molti
ragazzi escono dall'università sperando di entrare nel mondo del
lavoro, solo armati di un pezzo di carta e tanta buona volontà.
Cercano
un “lavoruccio” che possa farli entrare nell'ambiente giusto e
capire come funziona il business che si sono scelti.
Purtroppo
negli studi professionali, nelle aziende piccole e grandi, nessuno ha
la pazienza di aspettare che il ragazzo impari i fondamenti del
mestiere e i capi pretendono subito le soluzioni, la produttività
piena, non sanno che farsene delle persone impreparate.
Questo
è un grosso problema perché la preparazione dovrebbe nascere dalla
gavetta, da un giusto periodo di apprendistato.
In
passato già ho accennato alla necessità indispensabile di creare il
lavoratore perfetto, sul posto di lavoro stesso.
Il
professionista si crea in ditta,
non si dovrebbe cercare con la ruota della fortuna.
Dovrebbe
venir costruito in base alle necessità reali della società grazie a
precisi percorsi formativi sia interni che esterni, dovrebbe avere un
affiancamento efficace volto a insegnare tutti i trucchi e non a
porre ostacoli sulla strada del neoassunto ( leggi anche: Best
Team: l'apprendistato del nuovo assunto).
Invece
molte ditte ancora si affidano alla “pesca miracolosa”,
attendendo invano che i fuoriclasse entrino dalla porta dell'ufficio,
portando competenze miracolose.
L'unica
soluzione pratica per chi spera di entrare in un lavoro ambito è
quello di presentarsi provvisti di una certa preparazione ma
soprattutto con l'idea che riceverà
poco ma dovrà dare molto,
al livello sopratutto mentale.
Dovrà
imparare da subito l'arte del Problem Solving, di sapersi barcamenare
in tutte le situazioni, anticipando la nascita dei problemi,
scovandoli prima che il capo se ne accorga.
Il
manager medio solitamente cerca la tranquillità, la stabilità. Non
ama le rogne e sopratutto non ama i portatori di cattive notizie.
Vuole
le soluzioni, possibilmente già pronte!
Se
il dipendente arriva già in ditta con questa semplice e cruda
consapevolezza si risparmierà tante disillusioni.
Il
neoassunto deve capire che spesso entrare in un nuovo posto di lavoro
significa inserirsi in una realtà consolidata, dove esistono
delicati equilibri e leggi non scritte che la governano.
Tutti
cercano di mantenere ad ogni costo la propria poltrona e guardano con
evidente fastidio ad ogni nuovo acquisto perché potrebbe mettere a
repentaglio la propria serenità.
Il
neoassunto deve giungere alla consapevolezza che solo fornendo le
giuste risposte ai problemi potrà rendersi utile nel Team e cercare
di emergere.
Per
fare questo deve sviluppare la propria autonomia
e lo potrà fare solo avendo:
- una salda autostima
- una sufficiente preparazione tecnica
- la capacità di passare all'azione, uscendo dalla passività che molti lavoratori si portano addosso.
L'autostima
si base anche sul senso di efficacia, che cresce grazie alle
competenze tecniche acquisite.
Quando
si presenta un problema dovremmo pensare subito:
Come
lo risolvo? Come posso trovare la soluzione? E se non esiste
soluzione come posso inventarla? Se qualcuno ha già risolto in
passato tale problema come avrà fatto?
Invece
molte persone si dicono: “come
posso demandare tale rogna?, come scappo? Ma cosa pretendono da me?
Ma è assurdo......e io che ne so?”
Subito
passano in modalità difensiva ma non si assumono la responsabilità
delle proprie azioni.
L'unico
modo di poterlo fare è con una sufficiente preparazione precedente
al colloquio di lavoro.
Molte
società pongono domande specifiche al momento dell'assunzione
proprio per capire se la persona è disposta ad un impegno effettivo,
a cercare soluzioni concrete oppure se sta cercando solo una sedia da
scaldare. È la tipica domanda:
“Come
si vede lei fra cinque anni? Si descriva.”
la
formula può cambiare ma il succo è sempre lo stesso.
Il
candidato allora comincia a sudar freddo e non sa effettivamente come
rispondere. La miglior risposta da dare sarebbe questa:
“Mi
vedo come un professionista in crescita, una persona che vuole
migliorare e imparare tanto e che ha tanto da offrire, con umiltà e
volontà da vendere.” Belle
parole che forse possono aprire una porta ma che poi si devono
concretizzare in un atteggiamento costruttivo, positivo, di colui che
cerca veramente di essere utile.
Si tratta in fondo di una
disposizione mentale che si può imparare pian piano, partendo dalla
vita di tutti i giorni, cercando di reagire mentalmente alle
problematiche che insorgono con un atteggiamento propositivo, non
vittimistico, capendo che la vita è un processo in cui si può e si
deve partecipare e non è qualcosa che cade dall'alto, di distruttivo
o maligno.
…
La
tecnica migliore
Se
sul lavoro ci troviamo difronte ad un problema dobbiamo subito
domandarci: come
lo risolvo? Se non conosco la soluzione a chi posso chiedere? Dove
posso trovare informazioni dettagliate su casi simili?
Dobbiamo
intervenire subito sul nostro dialogo interno.
Quando ci accade qualcosa siamo
dei maestri nel demotivarci proprio con ciò che ci diciamo e
pensiamo. Tutto l'insieme di giudizi e “vocine maligne” che ci
demotivano costituiscono il nostro dialogo interno.
Alcuni hanno un dialogo interno
molto sviluppato, altri fanno passare gli accadimenti direttamente al
corpo tramite disturbi psicosomatici (ecco perché se i disturbi sono
significativi è sempre meglio rivolgersi ad uno psicologo abilitato
che possa fornire un valido aiuto, in questi casi il Life Coaching è
fortemente sconsigliato).
Se
correggiamo il nostro dialogo interno possiamo riprogrammare la
mente, o meglio l'inconscio,
per trovare soluzioni efficaci.
Appena
insorge un pensiero che ci abbatte dobbiamo riflettere sulle nostre
emozioni, dobbiamo accettarle e non combatterle.
Dobbiamo capire che sentirci
abbattuti o confusi è una cosa comprensibile ma poi passa perché
gli stati emotivi sono transitori.
Gli
stati emotivi passano.
In seguito cerchiamo di
sostituire gli inutili pensieri recriminatori con pensieri del tipo:
Come
lo risolvo?
Con
questa semplice frase ripetuta internamente, con decisione, potremo
programmare parte dell'inconscio per trovare le giuste soluzioni.
Le soluzioni migliori a volte
sono proprio quelle semplici.
...
L'inconscio personale è la
grande fabbrica delle idee, in cui risiedono tutte le soluzioni, se
sappiamo come accedervi.
Pensate
che Nikola Tesla,
uno dei geni più grandi del novecento e inventore della corrente
alternata, visualizzava le proprie invenzioni già costruite e
funzionanti nella propria mente, come per magia.
Ma da dove venivano tali
soluzioni? Proprio dal serbatoio dell'inconscio.
Studiava con grande intensità
tutto il giorno, incamerando migliaia di nozioni e di idee poi,
quando l'inconscio era pronto, visualizzava le invenzioni rimettendo
a posto inconsapevolmente le tessere del puzzle.
È
una operazione che in piccolo possiamo fare anche noi quando ci
applichiamo intensamente su di un problema per risolverlo, poi
chiudiamo tutto, andiamo a dormire e il giorno dopo, magicamente, si
presenta la soluzione giusta (il Problem Solving di Bertrand
Russel).
Basta solo capire che bisogna
assumersi la volontà di risolvere le cose, tutto qui.
Ricapitoliamo:
- Saper osservare e accettare i propri stati emotivi
- Intervenire sul dialogo interno con frasi costruttive.
…
Altra cosa fondamentale è saper
osservare con attenzione le dinamiche di gruppo del Team.
Il neoassunto deve guardare con
attenzione le leggi non scritte che governano quel piccolo mondo
chiamato ufficio.
Chi è che comanda davvero il
Team? Come si comportano i migliori, chi sono? E i peggiori chi sono
e cosa fanno o non fanno?
Solo allora, ascoltando e non
“sparlando”, potrà capire a chi rivolgersi in caso di necessità.
Comprenderà che non tutti sono cattivi o opportunisti e che le brave
persone esistono ovunque.
Capirà che i più bravi, anche
se hanno caratterini difficili, hanno molto da insegnare e che
possono essere delle fonti professionali straordinarie.
Non bisogna mai chiudersi a
riccio rispetto al Team, bisogna comprenderne il linguaggio, le
dinamiche. Con il tempo e tanta pazienza è possibile capire molto.
Il senso di ostilità diffusa
viene ad essere sostituito dalla familiarità, dalla conoscenza
reciproca.
Allora cercare soluzioni insieme
al Team diventa possibile e anche soddisfacente dal punto di vista
umano e motivazionale.
Un
giorno il grande attore Jack
Nicholson,
noto per avere un carattere “complesso”, disse ad un regista:
“Io
non sono il problema, io sono la soluzione!”
Non tutti hanno la fortuna di
poter entrare in organizzazioni dove vige la cultura aziendale della
formazione continua.
Nei piccoli e medi studi
professionali spesso la crescita personale è una cosa completamente
sconosciuta e diventa difficile inserirsi in un ambito povero di
nozioni e strumenti.
Solo quando
voi imparerete ad essere autonomi
sul lavoro e a fornire le giuste soluzioni potrete diventare dei
fuoriclasse, ben pagati e autorevoli nel gruppo, purché siate
disposti a darvi da fare sul serio, senza attendere che altri
svolgano il vostro lavoro.
Quando il
capo vi carica di un lavoro che in realtà non vi compete dovreste
dirvi: “ok,
questa cosa non è affar mio, ma se imparo cose nuove sono più forte
e posso riciclare questa competenza in qualche modo. Può essere
un'occasione di crescita.”
Diventerete indispensabili e la
ditta non potrà più fare a meno di voi, ma sarete voi che
potrete fare ameno della ditta!
Amedeo F.
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