Nel
team di lavoro (qualunque esso sia) giunge il momento
dell'apprendistato del nuovo assunto, il cosiddetto “pivello”.
Il
gran capo in persona ha delegato il compito ad una figura “Senior”
che dovrà guidare e vigilare il neofita, in modo da istradarlo
velocemente verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il
Senior comincerà, con un certo fastidio, a prendersi cura del nuovo
arrivato e comincerà ad insegnargli in che consiste il lavoro.
La
dinamica classica
dell'apprendistato è questa:
- Il Senior spiega brevemente e male i passaggi essenziali del lavoro. Dopo tutto è un compito ingrato che gli è stato affibbiato a forza.
- Junior non capisce correttamente i passaggi, ma fa finta di sì, perché vuole fare bella impressione e la timidezza ha il sopravvento.
- Senior osserva il lavoro fatto, si spazientisce perché non è già tutto perfetto e cerca di prendere in mano la situazione, sostituendosi a Junior, perché “è un'incapace” che gli fa perdere tempo e i risultati devono essere raggiunti comunque.
- Senior è anche nervoso perché deve fare il suo lavoro e quello del neofita che si sente schiacciato dalla sua incompetenza e la sua autostima scende nel seminterrato. Morale finale: il team non è diventato più produttivo, anzi è peggiorato.
Questo
meccanismo si ripete in continuazione in migliaia di situazioni
lavorative, tutte diverse fra loro eppure tutte uguali, con una
capacita matematica di fallimento e demotivazione del personale che
raggiunge il novanta percento dei casi.
È
sicuramente un problema importante e dobbiamo capire come risolverlo.
Se
avrete letto con attenzione la breve dinamica esposta vi sarete
accorti che il sistema è una “comunicazione
errata” che
somiglia moltissimo alla formula
G di Eric Berne:
G+A=
R>Sc>X>Tc
dove
G
sta per Gancio, cioè il neofita cerca un aiuto riconoscendo la sua
evidente e normale incompetenza e cerca conforto nella figura del
Senior che, invece di aiutarlo con pazienza e comprensione, gli
fornisce l'anello A,
cioè
una risposta frettolosa e inadeguata che poi avvierà il “Gioco”
al massacro. In risposta all'atteggiamento del Senior ci sarà il
compito eseguito male del Junior, che tenderà ad accentrare
l'attenzione perché necessiterà di maggiore assistenza, rendendo
più difficile il lavoro e portando praticamente al Tc
, cioè il tornaconto finale, fatto di nervosismo (da parte del
Senior) e senso di inadeguatezza/fallimento (da parte del Junior).
Una disfatta per tutti e due.
Ora
studiamo bene cosa non ha funzionato: Il Senior non era preparato al
suo compito di Coaching e affiancamento, perché insegnare è un'arte
e richiede
tempo
e molta
pazienza,
cose che non tutti hanno. I migliori in un campo, qualunque esso sia,
non è detto che sappiano trasmettere ciò che sanno, per tre ragioni
fondamentali:
- incapacità di sintesi
- mancanza di pazienza
- assenza di un vero metodo lavorativo “standard”.
Quando
si spiega qualcosa bisogna saper sintetizzare bene i passaggi
essenziali, non basta solo conoscerli e poi bisogna armarsi di una
infinita pazienza, per ripetere in continuazione ciò che per il
Senior sembra ovvio, ma che per Junior non lo è affatto.
Spesso
il Senior è stato assunto per le sue doti innate, per la sua
capacità di sapersela cavare in ogni situazione, senza cercare aiuto
e il dover
assistere un neofita va contro i suoi principi, perché a suo tempo
nessuno lo aiutò! Essendo un istintivo, manca di metodo e quindi non
può trasmetterlo. Se
invece il Senior, a suo tempo, seguì una formazione rigorosa allora
sarà più facile per lui trasmettere un metodo standard di lavoro,
appreso in ditta.
Il
Senior potrebbe vedere come un ostacolo alla propria carriera
l'arrivo di una figura nuova, all'interno del Team.
Spesso
queste credenze sono motivate dal continuo ricambio di personale che
alcune ditte operano in modo scellerato, per evitare di creare nuovi
posti fissi di lavoro. Tutto questo aumenta il senso di precarietà
generale e alimenta sospetti e gelosie, per cui il Senior potrebbe
sentirsi in bilico, con un concorrente potenziale in arrivo e non con
un nuovo membro del Team con cui cooperare.
Ci
si illude che il Junior sia produttivo da subito,
spesso senza dargli il tempo di ambientarsi. In fondo lo si è
assunto perché c'era una mancanza d'organico e il suo lavoro sarebbe
prezioso, solo se gli si desse il tempo di apprendere il mestiere,
anche tramite qualche errore.
È
illusorio che il neofita sappia già tutto,
visto che quello iper-preparato già esiste, ma siccome sarebbe un
freelance e costerebbe molto, allora il manager ripiega sul “pivello
talentuoso”. Insomma
si vorrebbe nel neofita estrema competenza e capacità di “problem
solving”, in piena autonomia, ma il tutto a prezzi modici.
Se
dietro le assunzioni si nasconde un pensiero così ingenuo allora
forse è meglio rivedere tutto il sistema di recruiting (oltre che la
propria professionalità)
Quando
si affida, in generale, un compito ad un Junior sarebbe meglio andare
per gradi, senza buttarlo immediatamente nell'arena fra i lupi.
Invece
alcuni settori di vendita fanno purtroppo così, mandando al martirio
intere camionate di neoassunti per vedere come si comportano, se
hanno le “palle per fare il mestiere”. Ma se il neofita si
dimostra capace, con una sua tecnica e grande iniziativa, la ditta
diventa lui, non voi.
Perché
dovrebbe ascoltare i vostri consigli? Lui già ha dimostrato di saper
fare tutto, senza il vostro aiuto. Insomma, lui sa che la vostra
parola non serve a nulla e non vi stimerà veramente come manager, ma
stimerà solo se stesso, perché è già un fuoriclasse. Ecco perché
cercare solo il talentuoso può essere controproducente. È meglio
cercare una persona volenterosa, che abbia la voglia e l'umiltà di
apprendere.
Cercare
le persone capaci è naturale, ma formarle nel modo giusto è un
obbligo!
La
ditta andrà avanti solo fino a quando la dirigenza si assumerà in
toto il compito di formare pienamente il lavoratore modello,
pagandolo adeguatamente, perché si possa legare con fedeltà alla
ditta, ai suoi obiettivi, senza portare il “know-how”
altrove.
Il
giusto collaboratore non lo si raccatta dalla strada ma lo si crea,
secondo le necessità.
Cerchiamo
di seguire poche e semplici regole, dettate dal buon senso:
- Il Senior dovrebbe amare il suo compito di trainer e dovrebbe fare qualche corso anche di crescita personale, di autostima (che non basta mai), di problem solving e di comunicazione efficace o leadership, perché guidare e comandare è molto difficile.
- Diamo al Senior la tranquillità mentale per poter formare in modo adeguato i nuovi collaboratori, facendo in modo che non debba sentire il proprio posto di lavoro in pericolo ad ogni nuovo arrivo.Deve poter capire che il nuovo venuto è un'opportunità e non una minaccia.
- Cerchiamo di scegliere il Senior fra le persone non solo più preparate ma anche più pazienti, perché la pazienza non basta mai, quando si insegna.
- Non carichiamolo di compiti che lo distraggano dalla sua funzione di trainer. Tale compito è lungo e faticoso, ma se svolto con capacità crea grande ricchezza per l'azienda.
- Una volta che il Senior ha spiegato bene (ma proprio bene e nel dettaglio) la mansione da svolgere, bisogna lasciar fare al Junior con autonomia (vera, non presunta), con la possibilità di fare qualche errore da cui imparare. Senza errori non esiste crescita personale e lavorativa.
- Se Junior non ha capito qualcosa deve assolutamente chiedere spiegazioni, senza temere rappresaglie. Deve capire che ha il diritto di essere lì fra i suoi pari, senza sentirsi eccessivamente minacciato e sotto esame per ogni respiro fatto. Tenerlo con un “guinzaglio troppo stretto” non lo educa, ma lo strangola! Fa nascere risentimenti che con il tempo si trasformano in sabotaggi sul lavoro, più o meno consci.
- Facciamo in modo che “il pivello” non venga sfruttato, vessato, martirizzato dai colleghi in cerca di una nuova vittima sacrificale, un nuovo giocattolo da sbeffeggiare. I colleghi devono capire che la scuola è finita e sarebbe meglio assumere atteggiamenti professionali consoni al proprio impiego. Il capo deve vigilare su tutto questo, non può girare la testa e sghignazzare, altrimenti il nuovo venuto è un investimento perso. O volete perdere i vostri soldi?
Crearsi
un nemico in casa è facile, lo sanno fare tutti, perciò facciamo
qualcosa di nuovo: creiamo una persona che possa stimarci e che si
fidi di noi e i bei risultati arriveranno copiosi.
A.F.
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