Attenzione,
il contenuto di questo post è
uno fra i più importanti del blog perché spiega un meccanismo che
blocca moltissime persone nel raggiungimento dei propri obiettivi di
vita e lavorativi.
L'altro
giorno stavo girando in libreria (sempre alla ricerca di cose
interessanti da leggere) quando mi sono imbattuto in una ragazza che,
munita di badge, cercava di convincere le persone a comprare un
prodotto particolare. Ma nessuno le si avvicinava.
È
chiaro che avrebbe dovuto prendere l'iniziativa e, facendosi
coraggio, avrebbe dovuto fermare qualcuno e dilungarsi un pochino sui
meriti del prodotto. Invece attendeva che qualcuno le si avvicinasse.
Il suo atteggiamento era passivo e lo si leggeva in viso, nella sua
delusione e noia per quel misero lavoretto pre-natalizio, che non
concede guadagni ne aspettative. Sicuramente il lavoretto è quello
che è, e in questi tempi di magra non si rifiuta nulla, ma si può
certamente fare qualcosa per migliorare la produttività.
Il
meccanismo che blocca le persone spesso è questo:
passività→mancanza
di riscontri→abbattimento di autostima→maggiore passività
È
un circolo vizioso che intacca l'autostima.
Essa
ci definisce e si crea anche con i riscontri positivi, ma quando
questi mancano allora interviene una naturale demotivazione che
abbassa il morale, portando a risultati deludenti.
Nessuno
dei manager che assumono questi
ragazzi li forma sulla paura del rifiuto, quindi condannano parte
dell'operazione al fallimento oppure alla scarsa produttività.
Tutto
parte dall'immagine che ognuno ha di sé, un'immagine che già vede
in parte lesa in questi lavoretti umili, che non fanno altro che
abbattere ancora di più le persone.
La
regola fondamentale da tenere a mente e da spiegare ai ragazzi (come a
chiunque) è che loro non devono identificarsi con quel lavoro.
Io
sono qui, ma non sono questo!
Io
indosso una divisa e la gente rifiuta la divisa, non me!
Io
non sono in discussione!
Studiamole una per una:
Io
sono qui, ma non sono questo!= significa
che devo essere presente mentalmente in quello che sto facendo,
qualunque cosa essa sia, ma la mia identità profonda non si fonda in
essa. È la regola zen del “qui e ora” che porta ad uno stato
mentale quasi meditativo, ma che evita i giudizi, i pensieri
aberranti, perché se siamo veramente calati in quello che facciamo i
brutti pensieri stentano ad arrivare. È la pratica della presenza
mentale che porta alla consapevolezza ed all'accettazione senza
giudizio, che alla lunga si trasforma in occhio distaccato e
imparziale.
Io
indosso una divisa e la gente rifiuta la divisa, non me!= ogni
volta che ci presentiamo ad un cliente non verremo giudicati per
quello che siamo ma solo per il ruolo che recitiamo sul lavoro. Se mi
presento come architetto e il cliente ha avuto brutte esperienze in
passato con qualche collega allora avrà un atteggiamento prevenuto
contro il mio “apparire architetto”, ma non può assolutamente
conoscere nulla di me, del mio passato e della mia persona. Ricordate
che è la situazione a dettare legge, a creare il contesto spesso,
non voi. Se osservassimo dall'alto la scena in cui siamo immersi
forse ci accorgeremmo di come le cose realmente siano e non come
appaiano dal nostro punto di vista.
Io
non sono in discussione!= da
ciò deriva che quello che è in discussione può essere la divisa,
il ruolo, ma non la persona. Come dovrebbero sentirsi allora i
centralinisti dei call-center quando si vedono sbattere il telefono
in faccia cento volte al giorno? Se ben istruiti dovrebbero capire
che non sono loro in discussione, ma solo la telefonata in se stessa.
Anche
nel campo sentimentale, altra grande nota dolente, gli abbandoni
vengono vissuti in modo tragico, a volte fatale. È proprio di queste
settimane la notizia che stanno aumentano gli omicidi e le violenze
subite dalle donne a dismisura. È il segno di una debolezza profonda
che serpeggia nel maschio moderno, che non sa gestire i propri stati
emotivi, che vede la propria mascolinità e il proprio diritto di
esistere messo in dubbio, a causa di un'autostima inesistente.
La
paura del rifiuto si annida fra le pieghe di un'autostima non ben
formata e che trova il fondamento nella mancanza di accettazione
profonda di sé.
Alla
base della persona deve esistere questo concetto fondamentale:
Io
ho il diritto di esistere e di essere amato!
Dietro
molte scelte sbagliate si nasconde proprio questa motivazione, che
può sembrare assurda, ma che è purtroppo radicata in molti, così
in profondità che alcuni non vogliono neanche accettare l'esistenza
di tale problema. Se non esiste l'accettazione di se stessi non può
esistere l'autostima e la nostra capacità di confrontarci con il
mondo e le sue sfide.
L'accettazione
di sé stessi è il primo passo verso l'autostima.
Ma
l'accettazione non implica passività, accettando supinamente tutto
ciò che si è, piuttosto significa:
imparare
a guardare il film della propria vita senza giudicarsi, perché non
dobbiamo identificarci con i nostri problemi.
Chi
in realtà siamo è un mistero chiuso nella nostra psiche, al di là
della nostra coscienza e dei nostri pensieri, non è qualcosa di
etichettabile e definibile. La mente profonda rifiuta ogni
definizione.
L'accettazione
di sé comincia con l'accettazione del proprio aspetto fisico.
Facciamo
un esempio. Mi pongo davanti ad uno specchio e mi guardo, vedendo
pregi e difetti e ripetendo a me stesso: questo è il mio corpo e
lo accetto per quello che è. Non è buono ne cattivo, ma è
il mio corpo e lo devo rispettare, ha diritto di esistere, così
com'è. Se lo guardiamo con la giusta visuale, accettandolo in
pieno, potremo anche notare cosa possiamo fare per migliorare (verrà
spontaneo, senza forzature), magari una piccola dieta, un vestito
appropriato, una diversa acconciatura che sappia valorizzare il
nostro aspetto. Alcune persone non vestono nel modo appropriato alla
loro età ed al proprio fisico. La ragazzina con qualche chilo di
troppo pretendere di esibire l'ombelico, come la ragazza magra,
oppure l'uomo di una certa età che cerca di esibire un aspetto
giovanilistico, ma risulta solamente ridicolo. Gli esempi sono tanti
ma tutti riconducibili ad un pessimo rapporto con noi stessi e il
nostro “non accettarci”. Ricordiamo che le Top Model, senza
trucco spesso sono irriconoscibili. Il visagista sa bene che il
giusto “trucco e parrucco” servono ad esaltare delle qualità
solo latenti, della modella. Ecco perché, quando vediamo
un'attrice da vicino, struccata, la troviamo spesso scialba e
insignificante. Chi cerca le modelle non cerca solo la “bellezza”
ma cerca soprattutto il giusto carattere, perché ha ben a mente il
fatto che poi ogni piccolo difetto si aggiusta, con l'abito
appropriato e la sapiente fotografia (per non parlare di Photoshop e
il fotoritocco). Invece noi tendiamo spesso ad indulgere sul nostro
aspetto censurandolo in modo assurdo, senza accettarlo. Ma se non lo
si accetta non lo si può neanche migliorare.
La
giusta cura che mettiamo nella cura di noi stessi è uno degli indici
rivelatori più importanti dello stato di salute della nostra
autostima.
Quando
il nostro aspetto comincia ad essere poco curato, indulgendo
addirittura sull'igiene, allora deve scattare una lampadina
d'allarme. La persona sta scivolando giù in qualcosa di pericoloso,
necessita di aiuto e le persone vicine dovrebbero consigliare un
consulto medico, se la cosa si estremizza.
Alcune
persone dicono: io ho un carattere forte, quindi mi si deve
accettare per quello che sono! In realtà chi lo afferma ha un
carattere debole, perché esibisce una corazza con cui che cerca di
proteggere subito le proprie azioni e comportamenti, preventivamente.
Teme il giudizio, soprattutto il suo.
Il
vero “forte” non si giustifica né si corazza. Se commette degli
errori cerca di porvi rimedio, ma non indulge in autocommiserazioni
inutili. Non si nasconde, né a se stesso né agli altri.
Il
vero “forte” dice: io non mi giudico, se ho perso la calma forse
è perché doveva succedere, era la situazione che lo imponeva, ma
capisco che non sono né buono né cattivo e cercherò di capire come
fare per non ripetere più i miei “utili errori”. Perché
ogni errore è utilissimo se ci permette di capire e di crescere come
persona.
La
mente equilibrata riconosce i propri stati emotivi, come se
scorressero in una corrente impetuosa, non li giudica, li vede
passare difronte la propria coscienza e decide se indulgere in essi o
meno. Non è preda della rabbia, come quegli automobilisti che, per
un piccolo sgarbo, prendono il cacciavite e uccidono il conducente
che gli è venuto contro.
La
mente equilibrata, come ci insegna il buddismo, supera il dualismo
giusto/sbagliato, perché la sua mente è già in regime di coerenza,
con sé stessa, con la propria visione del mondo e con gli altri, il
tutto senza prevaricare, dando il giusto esempio.
Il
tema dell'autostima è il cardine su cui si fonda tutta la vera
crescita personale ed influenza tutta la vita lavorativa.
Dobbiamo accettare questa realtà ma ancora di più in nostro diritto
ad esistere e essere amati, perché ci viene dal nostro diritto alla
vita, perciò dobbiamo ignorare chi ci critica sistematicamente per
qualunque cosa noi si faccia senza darci alternative utili, o chi
critica il nostro aspetto o la mancanza di successo.
La
paura del rifiuto è una delle cose che più ci demotiva nei rapporti
con gli altri eppure.....se ci pensate bene..... ognuno di noi non
esita a rifiutare il prossimo, nel mondo del lavoro, nell'amore e
addirittura in famiglia.
È
qualcosa che facciamo continuamente per autodifesa o per
stupidaggine, senza pensare alle conseguenze.
A.F.
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