Spesso
incontriamo persone affaccendate in tremila cose, tremila obiettivi
da portare avanti senza che riescano a realizzarne neanche uno.
Queste persone ci sembrano inconcludenti e incoerenti, approssimative
e stressatissime, sempre affaticate e di corsa, affaccendate in mille
appuntamenti che non riescono a gestire perché il tempo a
disposizione è sempre troppo poco. Anche se avessero a disposizione
una giornata di 32 ore sarebbero sempre troppo poche, perché non le
saprebbero gestire bene e le riempirebbero di cose futili.
Avviare
un rapporto di fiducia con loro diventa molto difficile, non solo sul
piano lavorativo ma anche sul piano affettivo. Ricordiamo che una
coppia è un insieme di due persone che si prefiggono obiettivi
comuni, dal matrimonio ai figli. anche solo la semplice convivenza
necessita di un minimo di pianificazione e ripartizione dei compiti e
degli obiettivi. Chi non riesce a rispondere a queste esigenze si
troverà impegolato in problemi gravi, che potrebbero portare anche
alla separazione.
Con
il tempo i tremila obiettivi diventano sempre più grossi, ambiziosi
e irraggiungibili, obiettivi stratosferici, che se andassero in porto
potrebbero cambiare letteralmente la vita di chi li persegue (sempre
che si realizzino). Non è mai un piccolo progetto, ma è sempre
il grande progetto “ipertrofico” e immaginifico, dove la
storia personale di chi li realizza ne viene totalmente ridefinita,
cercando quel riscatto desiderato da tanto tempo ma che era sempre
stato loro negato. È questo il punto essenziale: la volontà di
riscatto che si nasconde dietro certi grandi progetti, la ricerca
continua della grande svolta!
Come
se un progetto riuscito potesse ripagare di tutte le ansie, paure e
dolori subiti in tanti anni di umiliazioni e sofferenze continue.
Spesso
è anche la necessità, soprattutto oggi, che muove tanti
all'arrembaggio, verso nuove mete presunte o ipotetiche.
Dietro
tutto questo, se andiamo a grattare la superficie, si nasconde il
pericolo numero uno di ogni buon professionista: la mancanza di
autostima.
Avere
una buona autostima significa poter affrontare in modo adeguato le
sfide che la vita ci pone davanti.
Oggi
le sfide che ci troviamo tutti difronte sono moltissime, soprattutto
in questo momento di crisi così grave, e sviluppare l'autostima è
molto difficile. Ricordiamo che i due concetti cardine del Coaching
sono la consapevolezza,
delle nostre
potenzialità, non offuscate da una visione aberrata o parziale del
mondo, e la responsabilità,
con cui finalmente ci assumiamo la possibilità di intervenire nel
nostro destino, plasmandolo e divenendone protagonisti.
Ma
tutto questo non è possibile se non si passa dal problema
dell'autostima. Se una
persona non ne ha, allora creerà un Copione
fallimentare auto avverante che lo porterà alla disperazione,
anche in breve tempo.
Perché
l'artigiano di una volta non aveva problemi di autostima nel suo
lavoro e i professionisti di oggi sì? È dovuto al fatto che
l'artigiano antico, qualunque fosse la sua occupazione (dal calzolaio
al falegname), impiegava anni in un duro apprendimento,
che gli conferivano le
competenze necessarie,
rinforzate dall'esperienza
sul campo, che abbatteva
di molto la paura del
confronto con il cliente,
permettendo di gestire la propria carriera con una certa serenità,
senza dover pensare a progetti stratosferici e ambiziosi. La società
e l'economia certo è cambiata, non possiamo paragonare un manager
moderno al falegname di una volta, un abisso culturale li separa.
Eppure i passaggi necessari al conseguimento di un lavoro in fondo
sono gli stessi:
- apprendimento: acquisizione delle competenze necessarie
- esperienza sul campo: dall'apprendistato alle prime esperienze lavorative, anche se di basso profilo
- la paura del confronto: gestione degli stati emotivi nei confronti di se stessi e dei clienti
- realizzazione degli obiettivi: riuscire nel lavoro assegnato, rispettando i tempi e il badget.
Invece,
le persone “multitasking”,
che investono tempo e denaro in tremila cose differenti, cadono quasi
inevitabilmente, perché assumono compiti che non possono portare a
termine, perché mancano di preparazione, oppure non sono disposte
all'apprendimento. Una
parte di loro stessi capisce l'inaffidabilità in cui sono caduti.
Sa che una volta avviato un obiettivo ci saranno ottime probabilità
che non andrà in porto. Questo avvilisce l'autostima, che sempre più
lesa, diminuisce progressivamente perché non trova nuove conferme
positive, ma solo scenari negativi che rafforzano il Copione
di fallimento. È un circuito vizioso da cui non è facile uscire.
Il primo passo è quello della
costruzione di una adeguata autostima.
L'inconscio
personale, la parte più profonda di noi stessi, deve capire che
noi ci possiamo fidare della nostra mente, dei nostri giudizi, dei
nostri ragionamenti e dei nostri stati emotivi.
Per fare questo dobbiamo prima
capire l'importanza dell'apprendimento, che costituisce il primo
passo vero in ogni professione.
Pensate che ci sono architetti
che a quarant'anni non sanno utilizzare bene il computer, proprio
oggi che tutta la progettazione è fatta esclusivamente tramite Pc.
Si rifiutano mentalmente di apprendere uno o più programmi perché
ritengono l'informatica qualcosa di avulso dalla loro preparazione!
Questo oggi è impensabile! Sanno fare a stento qualche pianta e
qualche prospetto, ma non riescono a definire un modello
tridimensionale completo e dettagliato, non sanno realizzare una
simulazione visiva del risultato finale del progetto (il cosiddetto
rendering), perciò sono costretti chiamare esperti esterni, con
aggravio inutile di costi, tutto partendo dall'idea che l'architetto
oggi vive di relazioni pubbliche e poco di progetti tecnici, non
valendo la pena di investire su se stessi.
Se
non riusciamo a trovare il tempo e il modo di dedicarci al
miglioramento di noi stessi, delle nostre competenze lavorative,
allora significa che stiamo svilendo la nostra professionalità e
minando la nostra autostima.
Invece
di creare tremila obiettivi fasulli dovremmo cercare di realizzare le
cose che più rappresentano le nostre capacità e i nostri interessi,
in cui ci sentiamo più forti e abbiamo maggiore esperienza. Solo
così il livello di stress si abbasserà e potremo abbracciare ciò
che veramente rappresenta un nostro talento, che viene dall'interno e
che ci fornisce gioia e fiducia. Prendiamo
un grosso problema e spezzettiamolo nelle singole componenti, piccole
e risolvibili, risolviamo ogni step con calma e precisione, dedicando
tutta la nostra attenzione su di esso senza distrarci.
Solo così potremo affrontare ogni piccola o grande sfida che la vita
ci pone davanti, gestendo con efficacia il tempo a disposizione.
Con
tanti piccoli “micro-risultati” di successo capiremo che possiamo
“fidarci di noi stessi”,
e possiamo affrontare anche obiettivi più ambiziosi nel futuro,
aumentando le nostre capacità
di adattamento alle
novità continue proposte dalla società moderna.
Nella società moderna la sfida
più grande è quella di poter contare su noi stessi ed è questo il
vero obiettivo del Coaching, giungendo finalmente alla
vera
consapevolezza
delle nostre potenzialità e assumendoci finalmente la responsabilità
della nostra crescita, senza aspettare la “grande occasione che non
arriva mai”, senza dover dipendere dagli altri.
Tutto
ciò che ci serve è dentro noi stessi!
Dobbiamo
solo avere il coraggio di capirlo, di rimboccarci le maniche e di
metterci con umiltà alla ricerca della formazione adeguata che ci
possa portare i maggiori benefici a lunga scadenza.
Solo per uomini decisi al
miglioramento, quello vero dettato dal profondo, possono nascere le
grandi occasioni, le “grandi svolte” desiderate con ardore tutta
una vita.
A.F.
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