La
convivenza all'interno di un ufficio non è mai semplice. Rancori e
gelosie sono la prassi e la tensione tende ad aumentare ogni giorno.
Il capoufficio sembra peggiorare la situazione, gettando benzina sul
fuoco con nuove regole, imposizioni e caricando di lavoro il team,
con tempi di consegna sempre più stretti e con pretese maggiori. Le
regole imposte dal sistema sembrano sempre più assurde. Il collega
non sembra in grado di svolgere il proprio compito, magari non gli
interessa farlo, così tutto il lavoro del team ricade sulle nostre
spalle. I nuovi arrivati sono pericolosi “competitors” che,
affamati di successo, sarebbero disposti a tutto, dalla denigrazione
al servilismo, pur di scalare la vetta. Le persone di una certa età
vengono considerate lente e non al passo con i tempi, in una parola
“inutili”, non come una risorsa preziosa, piena di esperienza e
di saggezza. La ragazza procace e appariscente sembra avere sempre
quella marcia in più rispetto alla persona “normale”, che non
può contare sulla bellezza. Qualunque protesta o malumore arrivi
alle orecchie del capoufficio sono per lui motivo di fastidio ed
imbarazzo, quasi come se non appartenesse al quell'ufficio e non
fosse compito suo regolare anche l'umore del team. Gli orari sono
sempre più impossibili, perché si allungano, allontanando le
persone dalla famiglia e dai propri interessi.
Vi
ci ritrovate in questa descrizione? Credo che ogni impiegato di
questo mondo abbia affrontato almeno due o tre delle situazioni
descritte. Purtroppo è normale. Perché gli ambienti di lavoro si
sono così imbastarditi da lasciarci spossati a fine giornata? Cosa è
successo agli esseri umani da incattivirli a tal punto?
Tutto
questo non è dovuto solo all'aumento di competitività che si sta
registrando in ogni luogo di lavoro, ma anche ad altre cause che sono
connaturate all'esperienza di vita comunitaria.
L'ufficio
è una raccolta forzata di persone estranee, con livelli
culturali spesso differenti, che sono costrette ad una vita
collettiva per almeno otto ore al giorno, in un ambiente chiuso. È
quasi come il Grande Fratello.
L'ostilità
diventa un'autodifesa. L'essere umano ha bisogno di capire subito, al
suo ingresso in un team, quali persone siano amiche o nemiche. È una
necessità di sopravvivenza innata, che non può essere elusa. Solo
questo basta ad innescare il primo livello di tensione. La cosa più
saggia da fare è esserne consapevoli e cominciare ad osservare il
“territorio” e tutto quello che vi succede, senza preconcetti,
facendo attenzione al clima che si respira. Sembra un'attività
intellettuale, ma invece è un'attività di pancia o stomaco,
qualcosa che viene dall'interno, dalle nostre sensazioni, che spesso
la sanno più lunga del nostro cervello.
Cerchiamo
di essere cordiali ed aperti con tutti, ma sempre senza sbilanciarci
troppo, evitando di fornire informazioni superflue su noi stessi. Ci
sono persone che, per adattarsi alla nostra presenza, ci riempiono di
domande assurde. Che lavoro facevi prima? Perché te ne sei andato
dal lavoro precedente? Sei stato cacciato o te ne sei andato per tua
volontà? Sei fidanzato? Da quanto state insieme? Hai figli, quanti?
Se non li hai, perché non li hai? E i tuoi figli sono fidanzati?
Insomma, si raggiunge l'assurdo in breve tempo, tanto che ci verrebbe
voglia di urlare: e tu, perché non ti fai i c..... tuoi?
Se
vi capita questo, sapete di aver trovato il primo esemplare
dell'ufficio da cui dovervi guardare: “l'impiccione invadente”.
Più
particolari gli darete e più vorrà entrare nella vostra vita.
Ricordate che l'invadente va fermato subito, senza mezze misure.
Tramite le domande, sta cercando un modo per abbassare il proprio
livello di stress, insieme allo scovare informazioni per
controllarvi. Ciò che gli direte diverrà di pubblico dominio già a
fine giornata. Attenzione quindi. Come dovete rispondere? Fate il
tenente Colombo,
lo spaesato, date l'impressione ai colleghi di essere imbranato e
sempliciotto, non “pericoloso”. Se vi riesce, esibite umiltà e
affermate che tutte quelle domande, il primo giorno di lavoro, vi
confondono. Mettete alla prova l'impiccione, rigirandogli tutte le
domande che vi ha posto. Vedrete che risponderà in tono elusivo. È
questo il modo migliore per bloccarlo, sommergendolo di domande. Se è
solo una persona aperta, vi risponderà sinceramente, se l'impiccione
è in malafede allora si tradirà svicolando.
Un
altro esemplare quasi sempre presente in ogni ambiente di lavoro è
“lo spiritosone”. Sempre allegro in modo idiota, ride di
tutto e di tutti, anche su cose inopportune, come la morte: “lo sai
che è morto Tizio ieri, poverino era molto malato” e lo
spiritosone risponde “meglio a lui che a me!”, pensando di
aver detto una bella cosa. Spesso i suoi commenti spiritosi sono solo
cattivi, caustici, non sono neanche divertenti. Per lui, la
cosiddetta buona parola da dire nel momento del bisogno, non esiste.
Anzi, ha la capacità di umiliare e peggiorare le persone che
incontra. Per voi sarà sempre un nemico, non c'è scampo. Pensare di
poterselo ingraziare con parole gentili è inutile. È meglio
ignoralo. Ha come posizione esistenziale: io
sono ok, tu non sei ok, nascondendo spesso un alto livello di
ostilità repressa. Fa una battuta scema? E voi lo ignorate, come se
non esistesse! In fondo è malato di protagonismo, vuole attenzione.
Negategliela se possibile. Solo così lo farete scendere dal
piedistallo che si è costruito. Se avete la battuta facile, potete
anche divertirvi a prenderlo di mira, ma state attenti, avvierete una
battaglia infinita, perché ogni battuta andata a segno contro di lui
se la legherà al dito e voi, nell'ufficio sembrerete cattivi, come
se la colpa della situazione fosse vostra. E chi vi darà questa
colpa?
L'oca
giuliva. Un'altra figura tipica
di molti uffici. Lei è sempre sorridente, nulla va mai male. Tutto è
ok, tanto le cose spiacevoli capitano agli altri non a lei. Quindi
sorride dei vostri disagi e non li capisce. Ma se succede qualcosa a
lei, apriti cielo!
Catastrofe! Parlerà
per mesi dell'ingiustizia subita. Non pensiate che sia solo una
figura femminile, ci sono moltissime oche giulive di sesso maschile
(diciamo il 50%). Il ragionamento alla base della loro personalità è
il seguente: me ne
fotto di tutto e di tutti.
Capita qualcosa? Il problema non è mio, lo mollo sulle spalle di un
altro e me ne vanto pure. Voi penserete che questa figura sia un
menefreghista, non un'oca giuliva. Avete ragione, ma il menefreghista
si presenta sorridente e giulivo, appunto. Tende a nascondere
ipocritamente la sua identità. Il menefreghismo è anche una buona
componente caratteriale dello spiritosone
e
ne condivide la posizione esistenziale (io sono ok, tu non sei ok).
Se
sbagliate qualcosa, arriva subito il “perfettino”
a
correggervi, perché per lui, la perfezione è tutto. Non basta che
una cosa sia fatta in modo sufficiente, ma deve
essere assolutamente perfetta.
Rientra nel modello del minicopione che si chiama: io
sono ok se..., se sono bravo, se sono forte, se sono perfetto
sarò ok. Avviene per una sua strutturazione di Copione,
per cui tende a sentirsi un perdente, un fallito. Il miglior modo di
approcciarlo è quello di capire che le sue critiche non
sono rivolte a voi, ma solo al compito che state eseguendo.
La sua smania di perfezione è la sua maledizione, il suo punto
debole, perciò va compatito e non odiato. Concentratevi sul compito
che vi è stato assegnato e cercate semplicemente di capire come
portarlo a termine. Qualunque altra valutazione da parte vostra
sarebbe controproducente. Se il perfettino
cerca di criticare voi, come persona, allora
sta sbagliando e dovete tenergli testa, riportando la discussione
solo sul piano lavorativo. Ogni tanto è bene avviare un piccolo
scontro e rispondere a tono ai colleghi. Le situazioni non
conflittuali sono un'utopia. È meglio scaricare subito la tensione
sull'oggetto della disputa, piuttosto che rimuginare su una parola
sbagliata per mesi e mesi. Queste cose portano sempre a risultati
nefasti, con il tempo. Bisogna
reagire subito, non covare rancori pericolosi.
Solo così sarete rispettati nell'ufficio. Ogni persona coinvolta in
un team dovrebbe assumersi la responsabilità dell'umore
dell'ambiente. Tanto il capo non lo fa! Perché spesso è un
“frettolosone”.
È il tipo sempre frettoloso, che non ha mai tempo per ascoltarvi,
perché il lavoro incombe e lui si sente responsabile di tutto. É lo
stressato per eccellenza. Mille cose da fare e nessuna fatta bene.
Riuscirebbe sicuramente ad ottimizzare il tempo a disposizione se si
impegnasse a fare solo le cose strettamente
necessarie, mettendo
in secondo piano tutto il resto. Dovrebbe anche imparare a delegare
i
propri compiti, affidandoli a persone preparate e di fiducia, ma non
è capace di assumerle, perché spesso dovrebbe pagarle
adeguatamente, o solo perché non le sa riconoscere, così non si
fida di nessuno, deve
controllare tutto lui
e quindi è destinato a crepare di ictus a cinquant'anni! A volte
queste personalità nascondo un atteggiamento del tipo: io
non sono ok, tu non sei ok.
Sanno di occupare un posto immeritato, perché la scelta aziendale si
è rivolta verso la persona “raccomandata”, manovrabile, quello
che si definisce “un uomo di paglia”. La ragione non lo vuole
ammettere, ma l'inconscio lo sa bene, non gli sfugge nulla. Spesso
queste persone innescano Giochi
distruttivi, da cui è impossibile uscire, depotenziando e
incriminando i collaboratori che non si prestano al suo delirio. Il
povero impiegato di turno ne rimane schiacciato, senza sapere perché.
Per capire se il capo è uno “psicopatico”, cercate di avvertire
il livello di stress nell'aria, l'umore generale dell'ambiente. Se
tutti stanno chini sui loro Pc, per otto ore filate, senza scambiarsi
una sola parola, la cosa è grave. Ecco perché le società che non
si occupano della preparazione psicologica dei manager sono destinate
ad avere cali di produzione e fallimenti ripetuti. Il manager
dovrebbe essere il più preparato in assoluto a gestire il difficile
ambiente dell'ufficio, così simile a quello scolastico, pieno di
problemi conflittuali emergenti. Non
dovrebbe esser un amicone, ma dovrebbe essere una guida autorevole,
mai autoritaria, cioè dovrebbe guidare il team fornendo il proprio
esempio di Leadership calma, operosa, che sa rispettare le regole.
Solo così nasce la stima verso il proprio superiore da parte dei
dipendenti. Il
capo che si porta a letto una collaboratrice è come se avesse ucciso
il team.
Il sesso va sempre escluso con i sottoposti, SEMPRE!
Dover
convivere in un ambiente misto, per otto ore al giorno, porta sempre
più spesso alla nascita di situazioni simili. In America ci sono
tutta una serie di leggi e regole interne ferree, che normano le
promiscuità sessuali fra colleghi. Non a caso molti uffici hanno
pareti vetrate, in cui nulla di scandaloso dovrebbe mai succedere. E
con tutto ciò, anche l'ex presidente Clinton
non seppe resistere alla stagista di turno (il Sexgate con Monica
Lewinsky).
Pochi
sanno che durante le riprese di Basic
Instinct il regista Paul Verhoeven si sentì fortemente attratto
dall'avvenente protagonista Sharon Stone (famosa la scena
dell'interrogatorio, con accavallamento delle gambe, senza
mutandine). In una rivista, il regista affermò che preferì
confidarsi con la compagna riguardo l'opportunità di una storia
sessuale con la protagonista del film. Stiamo parlando di una
mentalità estremamente aperta, dei paesi bassi, i cui la sessualità
è vista con minori tabù, che da noi. La compagna di Verhoeven,
furbissima, gli consigliò di desistere, perché
la sua autorità di regista ne sarebbe uscita compromessa!
Capito? Che donna eccezionale! Invece di cadere nella trappola della
gelosia seppe trovar il modo per vincere.
Il
tema del sesso ci porta allo “sciupafemmine”,
il tipo palestrato che si sente sempre affascinante, che non capisce
la ritrosia di una donna e la scambia per timidezza, quando magari è
disgusto. Avviso importante alle donne: che molti uomini siano
porcelli, è cosa ovvia. Naturalmente non lo sono tutti, ma dovete
fare attenzione perché il maschio tende a confondere i segnali di
amicizia con i segnali sessuali. Alcuni
non sono preparati mentalmente per l'amicizia uomo-donna,
che considerano quasi contro natura. Attenzione, il
problema mentale è loro, ma il corpo su cui si avventano è il
vostro!
Sappiate tenere a bada i colleghi maschi, assumendo sempre un
comportamento professionale e un vestiario consono al luogo di lavoro
(visto che loro spesso non ci riescono). Solo così potrete avere il
rispetto meritato. Quando due donne sono in un team sarebbe meglio
che si alleassero e spalleggiassero a vicenda, invece di farsi la
guerra. Controllerebbero meglio anche i “maschi del branco”.
Gli
sciupafemmine
dovrebbero
sviluppare una mentalità più aperta, che non consideri la donna
solo in posizione orizzontale, che consideri l'amicizia come una
cosa bella da coltivare. Per le questioni sentimentali c'è tutto un
mondo che li aspetta al di fuori del lavoro.
Cari
sciupafemmine, se proprio non ne potete fare a meno, andate a caccia
altrove e siate professionali. Le
donne lo sono, e voi?
Ricordo ad entrambi i sessi che le denunce di molestie sessuali sono
una cosa seria. Il playboy viene definito de Eric
Berne un Copione “improduttivo,
non vincente”.
Anche
a noi uomini, il tipo sciupafemmine,
da
fastidio. Sembra sempre rinfacciarci la sua mascolinità di
cartapesta, come se la nostra fosse in discussione. Ha questa idea da
gorilla “maschio alfa dominante”, che non fa simpatia. Spesso
racconta storie inverosimili di conquiste, enumerandole come gli
aerei abbattuti dal Barone rosso. La figuraccia è sempre in agguato.
Anche questo tipo umano rientra nella categoria “io sono ok solo
se.......conquisto molte donne”. Che tristezza!
Meno
male che sul posto di lavoro ci sono anche persone per bene e
l'incontrerete. Escono nel momento del bisogno, con una strizzata
d'occhio e un consiglio illuminante. Non sono mai troppo frettolose o
invadenti, non fanno eccessivi straordinari e tornano a casa, perché
hanno una vita propria al di là del lavoro, cosa che non hanno i
perfettini. Se per loro sarà possibile aiutarvi lo faranno,
altrimenti se ne asterranno per autodifesa, è normale.
Sono
quelle persone umili, che non si fanno notare troppo nel gruppo e
dovrete imparare a riconoscerle e allearvi con esse, spesso sono
quelle più preparate tecnicamente, che conoscono il lavoro in ogni
sua parte. Ponendo le giuste domande (non fate interrogatori)
riuscirete a capire la dinamica del team, le sue regole non scritte,
i suoi punti deboli e di forza. L'osservazione silenziosa è sempre
preferibile, tanto la verità prima o poi viene a galla. Non parlate
mai male di nessuno, anche se ne avreste ragione. Le brave persone
esistono e dovete imparare ad esserne validi “detector”,
traendone insegnamento. Con la giusta preparazione potrete affrontare
qualunque ambiente, anche se molto competitivo. Se avete paura degli
altri ricordate che anch'essi hanno paura di voi.
Tecnica
antistress:
nei momenti difficili della
giornata, durante una ramanzina del capo, un momento ripetitivo e
ammorbante, ripetete a voi stessi: io non sono qui, io non sono
questo! Ve lo dovete dire perché è vero. Il lavoro non è la
vostra identità. Spesso è solo quello che ci capita per
mangiare, non è una nostra scelta di vita. Allora ricordiamolo. Non
è in discussione il nostro essere, ma solo una parte del
tutto, in cui tendiamo erroneamente ad identificarci.
Visualizziamo mentalmente un
posto gradevole, un luogo conosciuto o inventato, in cui ci sentiamo
protetti, e osserviamolo con la mente. Sarà il nostro rifugio
segreto, la nostra isola, il nostro nido. Se avvertiamo che il
disagio non sparisce e ci sentiamo sopraffatti, un terapeuta saprà
sicuramente darci qualche giusta indicazione.
Gli strumenti per trovare aiuto
esistono, basta cercarli.
A.F.
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