Il
talento è qualcosa di diverso rispetto all'immagine che ne abbiamo
in mente.
Spesso
pensiamo che si debba essere talentuosi in qualcosa di importante, di
prestigioso che porti a guadagni consistenti e al successo
personale. Ma queste sono solo definizioni che ci limitano. Il vero
Talento, quello con la T maiuscola, è qualcosa di totalmente
differente. Esso nasce in modo spontaneo, lontano dagli stereotipi.
Può essere il Talento per il bricolage, per la cucina, per il
modellismo, la pittura, non l'arte che porta al successo ma la
piccola arte da nascondere in casa, quella fatta per puro
divertimento, un'arte tutta nostra che non deve essere esposta.
Invece noi ci ostiniamo nelle definizioni di noi stessi e degli
altri, definizioni che si trasformano in giudizi che limitano la
nostra visione del mondo. Così nasce la visione aberrante del
talento, per cui se nostro figlio che ha orecchio musicale non studia
immediatamente musica classica rimarrà un fallito, negando un
presunta predisposizione, quella riconosciuta dalla società e dai
genitori. Mandiamo i nostri figli a danza, in palestra, a judo, a
lezione di musica, tutto nella speranza di incanalare forzatamente le
loro menti in una visione limitata della vita, quella nostra. Poi
cosa succede quasi inevitabilmente? Il piccolo dopo cinque anni di
conservatorio molla tutto e si mette a fare altro! Perché il vero
Talento è stato negato, è stato piegato a qualcos'altro di
commercializzabile e di standardizzato. Tutto questo processo nasce
dall'ansia dei genitori di creare un futuro solido ai figli e non si
accorgono che spesso creano situazioni mostruose di coercizione, in
cui il Talento vero latita e non riesce ad emergere.
Il
Talento è sempre qualcosa di inatteso, è una dimensione dell'anima
che emerge quasi per incanto e non per calcolo, nasce nei tre
inconsci che ogni essere umano si porta dentro (inconscio istintuale,
collettivo e personale). Può essere guidato ma non generato.
Cosa
può fare un genitore? Può vivere dando un esempio.
Volete
che vostro figlio ami lo sport? E voi lo vivete veramente lo sport
oppure lo portate solo due volte in palestra a settimana? Fate una
corsetta ogni tanto e andate in bici? Oppure siete dei “pantofolari”
che istigano allo sport ma non lo praticano?
Volete
che vostro figlio ami lo studio e la lettura? E voi genitori vi fate
mai sorprendere dai vostri figli con un libro in mano? Insomma se
sostituissimo alle regole stupide della cosiddetta educazione uno
stile di vita reale da cui essi possano apprendere non sarebbe
meglio? Se potessero respirare le vostre passioni reali forse
potrebbero abbracciarle con più facilità. Il bimbo deve studiare
musica per forza? Ma in casa si suona già qualche strumento? Si
respira realmente aria di musica nei discorsi e nella vita familiare?
Voi
genitori avete qualche passione da trasmettere ai vostri figli?
Avete
qualche passione da trasmettere prima a voi stessi? Che vi faccia
affrontare la vita con più gioia e intensità?
Come
diceva Amleto “questo è il problema”.
Il
tema del talento spesso si sposa a quello dell'originalità.
Molti
si domandano se un'artista sia originale. Ma cos'è l'originalità,
se non qualcosa che ognuno ha già dentro sé? Non lo credete?
Provate a confrontare le firme di due persone differenti. Sono
calligrafie totalmente diverse, che ricordano la nostra unicità. Poi
provate a fare la stessa firma due volte, a distanza di 5 minuti. Non
saranno mai perfettamente uguali, perché non siamo macchine
ripetibili. Se poi andiamo a rispolverare le nostre firme di quando
frequentavamo la scuola scopriremo di essere diversi da noi stessi.
Siamo cambiati, ci siamo evoluti passando da “un'originalità”
all'altra. Se questa trasformazione avviene ogni secondo, ogni
giorno, perché non dovremmo migliorare trovando i nostri veri
talenti? Perché non potremmo migliorare e scoprire che l'originalità
già esiste in noi?
I
galleristi solitamente spingono gli artisti verso un'originalità
preconfezionata perché cercano la “riconoscibilità” dell'opera,
non la vera originalità, che costituisce la differenza fra gli
esseri umani.
Botero,
con le sue figure grasse, enormi e tonde, costituisce il prototipo
perfetto di artista, facilmente riconoscibile e quindi vendibile.
Chiunque
davanti ad una sua opera può riconoscerne la paternità senza aver
studiato approfonditamente l'arte moderna e così può sentirsi
“critico” e “conoscitore”, la sua immagine e autostima si
alza verso “l'uomo di cultura”. Se ha soldi compra, anche in
buona fede, scambiando la sua ignoranza per conoscenza. Non si
accorge di essere caduto nel facile gioco della
riconoscibilità/vendibiltà.
Questi
due termini, talento e originalità, si rincorrono nel linguaggio
comune, densi di significati errati, preconfezionati, che plasmano la
nostra vita sottraendoci il piacere delle piccole passioni, quelle
che esprimono i Talenti veri. Non possiamo accettare il talento della
casalinga che nell'atto quotidiano del rassettare la casa o del
cucinare si perde in una dimensione di “senza tempo” (di
cui parla ampiamente Raffaele Morelli nel suo blog),
una dimensione magica in cui non esiste nulla al di fuori di quello
che sta succedendo qui e ora. Ma cosa credete che sia la
meditazione se non un'intensa presenza mentale del qui e ora? Ogni
volta che la nostra mente è assorbita da un compito che piace scatta
il “senza tempo”, una dimensione alterata e benevola in cui il
nostro cervello è come in trance. Il tempo ordinario scorre via ma
noi non lo percepiamo. I minuti e le ore scorrono via veloci, senza
bisogno di rimedi artificiali, di droghe o altre schifezze simili.
Tutto lo Zen è fondato su questo, è una tradizione millenaria che
possiamo raggiungere anche noi, senza meditazione, ma seguendo
semplicemente le nostre passioni. Il tempo si dilata, i pensieri
brutti scompaiono o rimangono semplicemente sullo sfondo e la nostra
vera essenza emerge dall'abisso dell'inconscio.
Quando
un bambino piccolo di 7 anni gioca con un pupazzetto, lui sa
perfettamente che il pupazzo non è vivo, è un giocattolo. Tutta la
sua attenzione è assolutamente assorbita da quello che sta facendo
in quel momento. Vive nel qui e ora, senza pensieri e sta
meditando. La meditazione è
una cosa che possono fare tutti, tramite semplici gesti e piccole
passioni, la vive anche un bambino.
Il
bimbo avverte la realtà del momento, sa distinguere il mondo
circostante dalla sua fantasia. Invece da adulti scordiamo questo
concetto. Crediamo che i nostri momenti passati con le persone siano
reali, cioè pensiamo di sapere esattamente che nostra moglie ci ama,
che il nostro amico ci è amico, che la persona che frequentiamo sia
chi noi pensiamo che debba essere. Il problema è proprio questo, le
persone non sono quello che noi pensiamo, la realtà sembra
sfuggirci perché la nostra mente fornisce un'interpretazione
arbitraria degli avvenimenti.
Il
bimbo sa di fantasticare nel gioco, l'adulto non sa di fantasticare
nella vita di tutti i giorni.
Invece
il bimbo vive la sua vita concretamente, senza inutili fantasticherie
su se stesso. L'adulto crede di non giocare, ma la sua comprensione
della realtà circostante è ancora più strana, deviata e fantasiosa
di quella di un piccolo che gioca con i suoi pupazzetti. Ed ecco che
l'adulto gioca il ruolo di avvocato, di architetto, di ingegnere, di
manager, di segretaria, di campione sportivo, di sfigato, di nerd, e
non si accorge che sono solo etichette create nella sua mente. L'uomo
non sa cosa o chi egli sia, ma immagina di saperlo, sogna per se
stesso una storia e vuole viverla. Crea il suo Copione e vuole
ostinatamente realizzarlo. Il bimbo, più saggiamente quando si è
stancato del gioco posa il pupazzetto, ma l'adulto cosa può fare?
Non può posare la propria idea di se stesso in un cassetto.
Si
intristisce, ecco cosa fa.
Il
bimbo la sa lunga, è più maturo.
La
questione non è se sia meglio essere bambini o adulti, la questione
è come possiamo evitare di costruirci delle realtà personalizzate
che ci avvelenino la vita invece di arricchircela.
Dobbiamo
imparare le basi della realtà soggettiva, del fatto che il
mondo non ci viene direttamente in contro, ma arriva filtrato da una
serie di strati (secondo
Robert Dilts almeno tre) che ci impediscono di percepire la
realtà come essa è.
In
più la finzione dei mass media non fa altro che alimentare questa
sensazione di estraniamento che molti provano, per cui tutta
l'informazione che ci arriva ci appare distorta, deformata dalla tv e
da internet.
Il
bimbo sa cosa sia il Talento, l'originalità, il senza
tempo, la meditazione, la differenza fra realtà e
fantasia,
peccato che crescendo dimentichi tutto questo.
A.F.
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