Comunemente
si crede che, per innescare un cambiamento nella vita, sia necessaria
molta volontà. Pensiamo: “per realizzare i miei obiettivi basterà
che io mi impegni in modo eccezionale e ogni difficoltà sparirà
magicamente, si spianeranno le montagne i risultati appariranno
brillanti all'orizzonte”. Magari fosse così semplice.
Purtroppo
la volontà non basta. Lo sa bene chi ha sperimentato mille diete,
oppure chi ha cercato di allontanarsi dal fumo. La credenza che la
volontà possa tutto è una convinzione culturale ma non psicologica.
Il
tutto si gioca sulla bilancia dolore/piacere, che è la vera
responsabile delle nostre azioni. La natura ci ha fornito un
meccanismo di difesa potente, per cui rifuggiamo da tutto ciò che ci
arreca dolore, sia esso fisico o mentale. Solo in seguito viene il
piacere.
Chi
pratica un'attività fisica sa che il piacere che prova nello
svolgimento dell'esercizio è maggiore del dolore fornito dalla
stanchezza fisica.
Invece,
chi è sedentario, non immagina il piacere provato e, posto difronte
ad una cyclette, si scoraggia e desiste. Il sedentario è un debole?
In realtà no. La cyclette, con la sua staticità è quanto di più
repellente possa esistere, perché non ci permette di socializzare né
di respirare aria buona, né di apprezzare un bel paesaggio. L'unica
convenienza è quella di poterci esercitare al chiuso quando il clima
è piovoso. Se sostituiamo la cyclette con una bella passeggiata, una
corsettina in un parco assolato e bella gente da incontrare (quindi
anche la possibilità di socializzazione), la cosa cambia molto. Si
passa da un'esperienza sterile ad una meravigliosa. Cambiando il
punto di vista, la bilancia del dolore/piacere pende decisamente
verso il piacere. I medici questo lo sanno bene, perciò consigliano
più spesso una sana passeggiata, piuttosto che la palestra.
Lo
stato mentale cambia e definisce la qualità dell'esperienza.
Ecco
perché la volontà spesso non è necessaria, anzi, in alcuni casi è
deleteria.
Chi
pensa di dover domare il mondo e se stessi con una ferrea volontà è
soggetto, con il tempo a probabili attacchi di panico. L'inconscio,
prima o poi, si divertirà a sabotare la parte cosciente, cercando di
riportare la persona alla sua vera essenza, cioè quella di un essere
umano completo, in cui si alternano anche fragilità e debolezze.
Queste ultime sono parte della nostra vera natura e vanno accettate,
senza esclusioni.
In
PNL si cerca di correggere e riprogrammare i nostri comportamenti
scorretti, proprio nella consapevolezza di queste due forze.
In
alcuni casi, cambiare prospettiva, cercare di guardare le cose da
un'angolazione migliore, può essere ugualmente di aiuto.
Nel
caso di un grande cambiamento interiore, può tale binomio rispondere
alla nostra necessità di trasformazione totale? Quando sentiamo che
qualcosa ci urla dentro la sua insoddisfazione e ci porta a mettere
in discussione tutto ciò che siamo, cosa ci sta motivando?
Affronteremo
questo argomento nel post:
A.F.
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